Comprare un Commodore 16 in un lotto di materiale acquistato e trovarci dentro
questa dedica, scritta sul cartone di schermatura elettromagnetica, non è
descrivibile pienamente a parole, è una sensazione che arriva al profondo del
cuore e risveglia ricordi adolescenziali sepolti nell'oblio della memoria.
La serie 264 della Commodore non ha mai suscitato in me particolare scompiglio
emotivo ma devo ammettere che, una volta letta la dedica, è scaturita in me la
voglia irrefrenabile di riportarlo in vita e farlo di nuovo funzionare, come se
questa operazione potesse in qualche modo riportare in vita quell'antico amore e
farlo sbocciare nella sua pienezza.
Si, lo so, sono un romanticone del secolo scorso che ancora crede a queste
favole :-)
Nella serie 264 i chip sono molto delicati e risentono in maniera particolare
del processo produttivo ma soprattutto delle alte temperature di esercizio dei
componenti vitali.
Il mio C16 innamorato, forse deluso dagli anni di abbandono, rispondeva sempre
con la mancanza della schermata iniziale, un bello schermo nero era il massimo
della sua interattività col modo esterno.
L'sperienza hardware e software sulla serie 264 era pari a zero, ma sapevo che
il tallone di Achille fosse il TED, il chip che integrava in se l'equivalente
della PLA e del VIC-II delle precedenti serie di mamma Commodore.
Visto che è la prima volta che apro questa macchina e visto che, com'è logico,
non ho parti di ricambio, non posso esimermi dal rompere le uova nel paniere al
buon Paolo Cognetti, chiedendogli di prestarmi il suo bel C16 boxato e
funzionante, per fare un pò di chip switching (in realtà ho rotto le melanzane
anche al buon Faber Pixel e al buon Picoelements, ma questo lo racconterò in
altro articolo sul C16).
L'operazione di togli chip metti chip, mi rende un pò più ottimista, scagionando
il TED dal funereo pronostico e consegnando al ricordo dei posteri una oramai
defunta CPU 8501.
In entrambi i casi non ho parti di ricambio per cui, come succede sempre nel
campo delle retro riparazioni, si parte alla ricerca di una macchina che si
conceda come donatrice di organi; per il momento, con il benestare del
proprietario, il C16 di Paolo rimane ostaggio del mio sgabuzzino fino a
risoluzione della problematica.
Dopo qualche settimana, tra ricerche e contrattazioni, mi arriva a casa un
Commodore 16 acquistato online, solo corpo macchina, non testato e con un paio
di tasti mancanti ma poco importa, essendo donatore, fornirà silicio e polimeri
vari alla bisogna.
La curiosità è comunque tanta per cui, alimentato con l'alimentatore da banco lo
collego alla tv ed accendo e.....e nulla, schermo nero, stesso difetto del
precedente.
Passo dunque a rifare il chip switching con il computer di Paolo per
riscontrare, con amarezza, che anche questo C16 ha la cpu passata a miglior
vita.
Immagino già le vostre sinapsi in subbuglio per il mio medesimo pensiero, mica
mi posso permettere il lusso di comprare tutti i C16 economici che passano per
gli annunci, io voglio far tornare in vita il mio C16 innamorato, per rendere
onore alla complessa semplicità del messaggio ivi contenuto e non collezionare e
riparare la serie 264 per il resto della mia vita.
Controllo allora su internet se qualcuno è riuscito a risolvere semplicemente il
problema della moria degli 8501 e se si, è alla mia portata, economica e tecnica
(seguirà in altro articolo la modifica da effettuare).
Trovo su internet che Andrew Challis aveva risolto brillantemente il problema e
che sulla baia italiana c'era un venditore che vendeva il kit sostitutivo ad un
prezzo umano (circa 20€ per l'adattatore e la rom con il nuovo kernal). Si,
perchè per utilizzare la cpu 6510 del Commodore 64 al posto della 8501, si
perdono le possibilità di utilizzare il floppy disk e le funzioni automatiche
del 1531, rendendo necessarie modifiche hardware e firmware sulla macchina.
Questo è la schermata che apparve dopo le modifiche:
Il mio obiettivo è stato raggiunto: coronare virtualmente il sogno d'amore del
ragazzo che amava di "AMORE VERO" Annalisa (forse Paitano) nell'Anno del Signore
1992.
Mi sovviene la solita, banale ed opportunistica frase che una storia non morirà
mai fino a che ci sarà qualcuno a raccontarla....più avanzano gli anni, più la
curva discendente aumenta la sua inclinazione, più scopro che, forse, un
briciolo di verità quella frase la contiene.
Io, in questo tempo malato, ho riportato in vita un amore adolescenziale di
circa trent'anni fa, io, nell'inutilità del mio pensiero, spero di aver lasciato
una traccia d'Amore in questa umanità priva di umanità, persa nell'egoismo,
dimentica del proprio passato e con una visione d'insieme relegata a quei
pochi metri quadri di orticello che ci hanno concesso, in cambio delle nostre
libertà.
Un sorriso, una carezza, un gesto di affetto, una salsiccia sulla brace,
ricordatemi così, il giorno che verrà.
Nell'ultima fotografia, il nuovo adattatore 8501-6510 disegnato da
Picoelements con i miei appunti (tanto non si è fidato ed ha
ricontrollato tutto su internet :-) :-) :-) )