La radio come strumento di propaganda nei regimi totalitari

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Hitler, della radio diceva: ”…nelle mani di chi sa farne uso, è un’arma terribile…”

Mussolini diceva: ”…il villaggio deve avere la radio…”

Goebbles, il ministro della propaganda nazista diceva: “…una menzogna ripetuta all’infinito diventa verità…”

Una delle prime esigenze dei regimi politici totalitari, nati alla fine della Prima Guerra Mondiale in Europa, consisteva nell’utilizzare tutti i mezzi di diffusione esistenti, in modo da distribuire in maniera capillare le loro ideologie politiche.

Questo implicava di dover comunicare non soltanto con le popolazioni cittadine, più facili da raggiungere, più evolute, acculturate e ricche, già testimoni di enormi cambiamenti socio-economici ma, soprattutto, catturare nella rete della propaganda i giovani e tutte le popolazioni rurali che, a quei tempi, rappresentavano la maggioranza della popolazione e che, al tempo stesso, erano coloro i quali disponevano delle risorse economiche più limitate.

Sul finire degli anni ’20 la radio è oggetto di grosse evoluzioni tecniche e funzionali. I diversi elementi, ingombranti (batterie per l’alimentazione, antenna a telaio, altoparlante esterno….), si compattano e rientrano in un unico apparecchio di dimensioni più ridotte e dalle semplici modalità d’uso.

Nel frattempo anche la rete di alimentazione elettrica si evolve e si diversifica, estendendosi alle intere nazioni, nasce la radiodiffusione, iniziano le prime trasmittenti a carattere nazionale e le prime trasmissioni radiofoniche.

In questo nuovo contesto evolutivo, per le società europee, post primo conflitto mondiale, la radio diventa il miglior mezzo per realizzare il grande progetto di propaganda politica che i regimi stavano cercando.

Non tutti si accorsero delle potenzialità del nuovo mezzo e non tutti si misero nell’ottica della massima diffusione della nuova e magica scatola parlante. La Germania, su tutti, riuscì a mettere in moto un sistema di diffusione capillare a bassissimo costo di produzione e di vendita che contribuì a fare del nuovo regime nazista una potenza mondiale.

Il regime nazista si era posto l’ambizioso proposito di portare un radio ricevitore in ogni casa tedesca, in modo da diffonderne capillarmente i discorsi e le notizie. Per fare questo, il costo dell’apparecchio doveva essere alla portata delle famiglie meno abbienti e tale livello fu fissato, da un’apposita commissione, in 75 marchi e, grazie ad un consorzio di aziende, venne così alla luce un ricevitore dalle caratteristiche tecniche interessanti, senza la necessità di far intervenire, nel prezzo di vendita, lo stato, con i suoi sovvenzionamenti.

Nasceva così la VE301 (Volks Empfaenger: Volks=del popolo, Empfaenger=ricevitor , 301 rappresenta la data di insediamento della dittatura nazista 30 gennaio 1933). Montava tre valvole, un grosso altoparlante, uno chassis in metallo, un contenitore in bachelite stampato in serie e, per ridurre ulteriormente il costo,  non aveva il trasformatore di alimentazione.

Il successo fu immediato e la produzione durò per molti anni.

Con l’inizio della seconda guerra mondiale, si realizzò un nuovo ricevitore, per distribuirlo a tappeto a tutta la popolazione, in modo da indottrinare il popolo tedesco sui nuovi eventi e motivarlo ai nuovi sacrifici.

Nasceva la DKE38 (Deutscher Kleinempfaenger=piccolo ricevitore tedesco e il 38 rappresenta l’anno di produzione). Era un semplicissimo ricevitore a due valvole, di cui una costruita e progettata appositamente per esso, in cui la scocca in bachelite riduceva di molto le sue dimensioni, scomparivano volutamente tutte le parti metalliche, sostituite da cartone pressato, poiché il prezioso metallo doveva servire all’industria degli armamenti.

Il prezzo di vendita venne praticamente dimezzato, passando a 45 marchi, pagabili anche a rate.

Si realizzava così appieno l’obiettivo del regime nazista: una radio in ogni casa.

   

In Italia, il regime fascista di Benito Mussolini, intraprese un’altra strada.

In notevole ritardo rispetto alla Germania e all’Inghilterra, il regime fascista non credette nella radio e la utilizzò solo come “cassa di risonanza” per i discorsi del duce, concentrandosi più sul controllo dei giornali e della carta stampata in generale. Passano alcuni anni prima che il fascismo si accorga di aver sbagliato mezzo di propaganda! Infatti la quasi totalità della popolazione italiana era analfabeta per cui il controllo, esercitato fino a quel momento, raggiunse solamente una minima parte della popolazione.

Nel 1924 veniva istituita l’URI, l’Unione Radiofonica Italiana che, per necessità del regime si trasformò, nel 1934, nella EIAR, Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche. L’infrastruttura statale era stata gettata ed ora bisognava creare un ente che si occupasse solo ed esclusivamente della diffusione della radio in quanto tale, travestendola da strumento educativo. Nasce l’Ente Radio Rurale.

Il regime chiamò a raccolta le industrie radio costruttrici e impose la costruzione, con sovvenzioni statali, di un apparecchio di rappresentanza dalle grandi prestazioni sonore e riceventi, in modo da far ascoltare la voce del regime in ampie sale davanti a decine e decine di persone.

L’errore fu proprio questo, considerare la popolazione italiana come un gregge che doveva essere istruito e condotto per mano: il padrone decideva, il gregge obbediva. La popolazione non doveva comprare il ricevitore, ci pensava lo stato a donarlo ed avrebbe provveduto, allo stesso tempo, ad acculturare tutti.

Molti italiani, però, acquistarono o si costruirono un ricevitore per ascoltare in casa ed in tutta riservatezza, le trasmissioni radio; occorre ricordare, però, che la ricezione delle stazioni estere, specialmente negli anni della guerra, era assolutamente vietata e sanzionata severamente, fino ad arrivare al carcere.

Nel 1933, la prima versione di apparecchio radio popolare italiano, chiamato Radio Rurale, utilizzò legno massello impiallacciato, alluminio per i fregi e per lo chassis, cinque valvole, trasformatore di alimentazione ed un grosso altoparlante interno. Questo ricevitore era pensato appositamente per gli apparati statali e, soprattutto per le scuole, presenti ovunque sul territorio nazionale, anche nei piccoli paesini.

Aveva delle comode fessure per poter essere trasportato, essendo molto pesante, ed era possibile abbinare molti accessori in modo da agevolare l’audizione: un giradischi 78 giri, un altoparlante esterno supplementare, un blocco di alimentazione a batterie qualora non ci fosse l’energia elettrica.

Il regime aveva imposto le specifiche tecniche ma aveva lasciato libertà di scelta dei componenti elettronici nella realizzazione del ricevitore radio vero e proprio. Per questo motivo le aziende produttrici utilizzarono telai già in loro possesso, collaudati, dal certo funzionamento e dai ricambi in magazzino. I guadagni furono più elevati, visto l’alto prezzo di vendita e il fatto che parte dei costi erano coperti dalle sovvenzioni statali. Il prezzo di vendita era 600 lire, una cifra, per l’epoca, esorbitante!

Teniamo in considerazione che gli acquirenti della Radio Rurale erano enti statali, per cui l’acquisto era certo ed il pagamento pure, nonostante fosse elevatissimo ed anche rateizzato.

Il regime, avendo capito che, oltre alle grandi radiodiffusioni popolari, la radio poteva entrare in ogni famiglia (come già con successo avveniva in Germania), corse ai ripari e, nel 1937 commissionò la costruzione della “Radio Balilla”.

Era un ricevitore radio molto più piccolo e meno pesante del suo fratello maggiore, le sue prestazioni erano minori, veniva costruito con materiali più scadenti, ma pur sempre costosi (piallaccio, alluminio, trasformatore alimentazione e 3 valvole). A tutte le aziende che aderirono a questa iniziativa venne imposta la costruzione dello stesso mobile (cambiava solo il fregio con il nome del produttore) e tutti utilizzavano lo stesso circuito elettrico. Il suo prezzo era di 430 lire, pagabili in 18 comode rate e, per i nuovi acquirenti, il pagamento della tassa radio era gratis per il primo anno, che con le sue 80 lire all’anno non era proprio economica ed obbligava ad una registrazione ed al pagamento per tutti gli anni a venire!

Nonostante il notevole abbassamento dei costi e tutte le trovate pubblicitarie per commercializzare il ricevitore, la diffusione fu scarsa, sempre a causa dell’elevato prezzo di vendita e del boicottaggio che le ditte costruttrici ed i rivenditori mettevano in campo per vendere altri modelli con guadagni maggiori.

   

  

Un ultimo tentativo fu fatto nel 1939 con il ricevitore di regime denominato “Radio Roma”, prezzo 450 lire, piccolo ricevitore dalle prestazioni interessanti e dalla modesta potenza sonora ma l’Italia era ormai in guerra e a nessuno interessava più acquistare una nuova radio ad un prezzo ancora troppo alto, non sapendo che cosa avrebbe portato il futuro. Se proprio si fosse deciso di intraprendere l’acquisto di un ricevitore radio, c’era un’ampia scelta di modelli e di prezzi fornita da tanti altri produttori di radio, a condizioni più vantaggiose e dalle caratteristiche tecniche migliori o uguali ai modelli di regime.

Per comprendere meglio l’operazione di acculturamento delle masse in Italia, riportiamo uno stralcio del documento di presentazione degli intenti dell’Ente Radio Rurale, per conto del suo presidente, datato 1931.

La radiofonia nelle campagne è assolutamente  indispensabile.

Indispensabile, perché porterebbe negli agglomerati rurali, privi di scuole secondarie, privi di biblioteche, con una popolazione che non ha avuto finora possibilità di istruirsi, un mezzo di coltura, semplice, vario, dilettevole.

Indispensabile, perché insegnerebbe a molti agricoltori, specialmente ai piccoli, che sono la maggioranza, il modo di sfruttare meglio la terra, questa grande ricchezza italiana non ancora abbastanza utilizzata, svecchiando vecchi sistemi.

Indispensabile, perché provocherebbe un morale divertimento dove non vi sono e non potranno mai esserci altre distrazioni.

Indispensabile, perché sarebbe un aiuto utile ed efficace nella lotta contro l’urbanesimo, indispensabile finalmente, perché farebbe sentire buona e forte la popolazione campagnola e parte integrante dell’Italia rinnovellata.

Ma come arrivare a questo risultato? Con la scuola.

In ogni comune rurale, in quasi tutte le frazioni rurali dei comuni esiste una scuola, una scuola per cui passa tutta la generazione agricola, che vi affluisce anche dalle lontane cascine. Inoltre, nella maggioranza delle frazioni rurali, la scuola è l’unico locale più ampio di carattere pubblico.

Bisognerebbe che in ogni scuola rurale vi fosse un apparecchio ricevente.

Si farebbero lezioni adatte ai bambini, le quali insegnerebbero mirabilmente le lezioni, secondo direttive impartite dal Ministero della Educazioni Nazionale e servirebbe di guida e monito ai maestri.

In determinate ore, si potrebbero radunare nelle scuole gli agricoltori per ascoltare trasmissioni educative, fatte specialmente per essi.

Si potrebbero, sotto la direzione delle autorità competenti, organizzare trasmissioni speciali di ordini e di notizie per i Fasci locali, si potrebbero organizzare riunioni per ascoltare i concerti e così via dicendo…”

   

Molti personaggi noti furono utilizzati per sponsorizzare il nuovo Ente Radio Rurale, nelle due immagini di sopra, gli auguri dell’inventore della radio, Guglielmo Marconi e quelli di Benito Mussolini, per l’inizio delle attività dell’ente Radio Rurale. Il rapporto tra i due uomini fu sempre molto teso, Mussolini non vedeva di buon occhio un personaggio famoso, ricco ed internazionale come Marconi, che avrebbe potuto offuscare l’aurea di superuomo e padre della patria che il duce si era costruito. Marconi, da parte sua, per amore della patria ed anche per gli interessi economici che in ogni caso aveva riportato sulla penisola con le sue aziende, che producevano radio e componenti elettronici in Italia ed all’estero, in particolar modo in Inghilterra, un paese nemico del regime, rischiò molto sotto il regime fascista.

Ed ora una serie di immagini che ci fanno tornare indietro nel tempo.

NOTA BENE. Tutte le immagini sono proprietà dei rispettivi proprietari. Lo scopo di questo articolo è puramente educativo, essendo questo parte della tesina di terza media di un ragazzo e, in tale ambito, può essere liberamente distribuito. Nel caso in cui si dovesse utilizzare il materiale a scopo di lucro, si dovranno contattare i relativi proprietari per le autorizzazioni di rito.

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